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Passeggiata in vespa tra le “Città del Tufo” di Pitigliano, Sorano e Sovana

Vespa Tour tra i Borghi medievali e rinascimentali della Maremma

L’appuntamento è verso le 11 per un fresco aperitivo a casa di Fabrizio, vespista DOC, alle porte di Pitigliano, sotto il portico della sua casa in campagna.

Vespa Club Orvieto presente ma anche qualche vespista del Vespa Club Pistoia e persino Vespa Club Catania, tutti pronti per un meraviglioso tour tra le “Città del Tufo” di Pitigliano, Sorano e Sovana, borghi medievali e rinascimentali incastonati nella pietra caratteristica della zona, il tufo appunto.

 

Passeggiare in vespa tra le strade della Maremma è un continuo guardarsi attorno tra le distese di coltivazione di vigneti e il profumo di un ottimo vino che a breve degusterai, distese di girasole, incantevoli casali immersi tra i cipressi.

Dopo un breve e piacevole percorso, la prima tappa è Sorano, piccolo borgo di origine etrusca, nel Medioevo appartenuto poi alla famiglia degli Aldobrandeschi che lo cinse di mura, successivamente fu della famiglia romana degli Orsini e infine venne inglobato nel Granducato di Toscana. Sorano, terza città del tufo della provincia di Grosseto, si trova alle pendici del Monte Elmo ed è uno dei punti di riferimento del Parco Archeologico e Naturalistico inaugurato nel 1998 che comprende tre aree di grande interesse storico che si estendono in una superficie di 60 ettari.

L’imponente Fortezza Orsini, costruita dagli Aldobrandeschi nel XII secolo, meriterebbe una visita all’interno ma noi procediamo per i vicoli del borgo, in sella alle nostre vespe, ammirando le costruzioni di tufo di abitazioni ben ordinate e curate, adornate di fiori.

Meriterebbe un percorso a piedi la Necropoli etrusca di San Rocco che si trova lungo la strada provinciale in direzione di Sovana, ad un paio di chilometri dal centro abitato di Sorano, ricca di pareti scolpite e di incisioni medievali.

Del Parco Archeologico Città del Tufo fa parte anche Sovana, borgo medievale perfettamente conservatosi nei secoli. Apparentemente isolato dal resto della città perché caratterizzato da stili architettonici differenti, dal longobardo al gotico, in contrasto con lo stile architettonico circostante,  il Duomo di Sovana si trova sul lato occidentale dello sperone di tufo che domina la vallata della necropoli ed è uno degli esempi di arte cristiana più significativi e particolari presenti nella valle del Fiora.

Per il nostro pranzo raggiungiamo “Sovanella”, Agriturismo gestito dalla proprietaria Alessia, ottima cuoca di una cucina tipica locale. Nel mio menù (vegetariano) della Maremma non possono mai mancare i “pici all’aglione”, tipico piatto della tradizione contadina che, diffuso dalla Val di Chiana a tutta la Toscana, rappresenta la cucina genuina e dai sapori decisi. I pici sono un tipo di pasta fatta di farina e acqua dalla forma allungata, quasi  come spaghettoni, lunghi una trentina di centimetri e larghi come un bucatino, tipici della zona di Siena ma diffusi in tutta la Toscana. Di solito si condiscono con il sugo all’aglione, fatto con un tipo di aglio dalla forma più grande del più comune aglio e dal sapore meno forte e più gentile.

Un caffè per riprenderci dall’abbondante e gustosissimo pranzo e di nuovo in sella alle nostre vespe direzione Pitigliano.

Da lontano percorrendo la strada da Sovana si ammira Pitigliano in cima allo sperone di tufo e il suo splendido profilo di archi dell’acquedotto mediceo, fatto costruire nel 1600.

Soprannominata anche la “Piccola Gerusalemme”, Pitigliano fu sede di un’importante comunità ebraica che andò consolidandosi durante il 1500 fino a divenire una presenza estremamente significativa nella vita economica e politica del paese e nel 1800 fu definito per la prima volta la “Piccola Gerusalemme”. I primi gruppi di ebrei che giunsero a Pitigliano provenivano dalle vicine città che all’epoca erano sotto il controllo dello Stato della Chiesa. Perseguitati per anni questi uomini e donne trovarono protezione all’interno della contea ursinea dove svilupparono importanti attività economiche quali il commercio del grano. Nel 1598 venne eretta la sinagoga simbolo per l’eccellenza dell’importanza che ha assunto questa collettività in questo luogo. La prima metà del XIX secolo fu il periodo più fiorente per la popolazione ebraica che raggiunse la sua massima legittimazione dotandosi di importanti istituzioni come la Scuola di Mutuo Insegnamento e la biblioteca. Il declino fisiologico di questa aggregazione iniziò con l’unità di d’Italia con un progressivo spopolamento dell’area e la migrazione verso centri più grandi e ricchi. La lenta e continua migrazione proseguì fino al 1938 quando gli ebrei colpiti dalle leggi razziali abbandonarono definitivamente il paese.  Le vicende subite da questo popolo sono tutt’oggi parte integrante della memoria collettiva di Pitigliano e incarnata nel ghetto ebraico all’interno del quale si trovano le abitazioni e le botteghe simbolo del loro passaggio in questa terra.

All’ingresso del borgo la Fortezza Orsini, di origine aldobrandesca, si affaccia sui ripidi strapiombi della vallata grazie ai quali la città è stata perfettamente protetta nei secoli.  Anche qui Palazzo Orsini, una volta ugualmente appartenuto agli Aldobrandeschi, è l’edificio più importante, oggi sede di vari musei. Anche la Cattedrale dei SS. Pietro e Paolo merita una visita dopo aver attraversato il Ghetto Ebraico, tra vicoli ben curati e artigiani di prodotti locali.

Un itinerario alternativo e bellissimo per visitare le Città del Tufo di Sorano, Sovana e Pitigliano è anche attraverso la Vie Cave che unisce i tre borghi, un piacevole percorso tra antichità, storia e natura.

Un tour che meriterebbe molto più tempo a disposizione e molta più attenzione alle numerose ricchezze storiche e archeologiche da visitare e ammirare, quindi suggerisco di soffermarvi qualche giorno in questa meravigliosa zona della Maremma per poter godere del relax e delle bellezze che il territorio offre, come le vicine Terme di Saturnia.

Il nostro “Vespa Tour” si conclude con un fresco calice di vino bianco, rigorosamente locale, sotto il portico della casa di Fabrizio, ammirando il sole che tramonta su una distesa di vigneti.

 

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Ri…Partiamo!

Usciamo da pochi giorni, forse timidamente, da una lunga quarantena che ci ha visto tutti in un repentino e traumatico cambiamento di vita: in poche ore abbiamo dovuto riorganizzare le nostre abitudini, la nostra vita sociale, il nostro lavoro, gli affetti, la famiglia, gli amici.

Improvvisamente ci siamo trovati dentro le nostre mura di casa, imprigionati, impauriti, isolati, spaesati.

Forse molti dei nostri nonni ci hanno narrato i loro ricordi di guerra, quando, durante i bombardamenti, stavano tutti in “bunker domestici improvvisati” aspettando che il rumore assordante cessasse.

Stavolta dall’esterno arrivava solo un assordante silenzio: le città, solitamente affollate e rumorose, improvvisamente deserte, mute. Il nostro nemico, stavolta, era silenzioso e invisibile. Probabilmente abbiamo avuto paura.

Così nelle prime settimane i social ci hanno coinvolto in canti e musiche dalle finestre e dai balconi: abbiamo conosciuto pure i nostri vicini di casa, dei quali non conoscevamo nemmeno i nomi pur abitando in quel condominio da oltre 10 anni! Siamo riusciti a sentirci così più vicini in una situazione assolutamente surreale. Per sentirci meno soli.

I Tg, le trasmissioni televisive e radiofoniche, il web, i social: monotematiche, tutto il resto scomparso.

Abbiamo ascoltato, abbiamo seguito i dati quotidiani della Protezione Civile e le opinioni di tutti i virologi del mondo, abbiamo visto scene mandate in onda dai Tg che non avremmo mai voluto vedere perché li fuori, fuori dalle nostre mura domestiche, un “mostro invisibile” mieteva vittime, ogni giorno sempre di più.

Nel frattempo il lavoro in smart working, nel frattempo le lezioni online dei figli, nel frattempo saracinesche chiuse, nel frattempo corsi online, nel frattempo il lavoro fermo per molti, nel frattempo gli unici abitanti delle strade solo chi quelle strade le ha sempre abitate e anche loro, improvvisamente soli. Nel frattempo tante pizze e pane fatti in casa, tante videochat con gli amici e con chi, della famiglia, era rimasto imprigionato e isolato in qualche altra parte dell’Italia, lontano.

Sono stati mesi duri, pesanti, difficili, per gran parte di noi.

Abbiamo sognato il momento in cui avremmo potuto riabbracciare, o quantomeno rivedere con la dovuta “distanza di sicurezza”, i nostri affetti più cari, i nostri amici, i nostri familiari, i nostri amori.

Abbiamo sognato viaggi, ma anche un semplice aperitivo in compagnia ci sarebbe bastato per essere felici e per darci un senso di normalità e di ritorno alla vita.

Ma come ogni tempesta, arriva sempre il sereno dopo, forse non subito, forse non rapidamente, ma arriva ed è una certezza.

Siamo potuti finalmente uscire da casa, anche senza la dovuta autocertificazione, le saracinesche si sono finalmente riaperte, non tutte però, purtroppo.

Per molti il lavoro ripartirà, con grandi difficoltà e incertezze, ma ripartirà.

Roma, come molte altre città turistiche della nostra Italia, è strana senza i pullman e i flussi di turisti che invadono le strade del centro, quasi irriconoscibile ma è troppo bella per non diventare di nuovo e molto presto meta di visitatori da ogni parte del mondo.

Ogni cosa riprenderà vita, forse in maniera diversa, sicuramente con abitudini che abbiamo dovuto imparare in questi lunghi ultimi mesi: le mascherine, il gel igienizzante in tasca, la distanza di sicurezza, probabilmente ancora con qualche timore ma adesso abbiamo imparato a convivere con quel ”mostro invisibile” che prima ci ha disarmati, ora ci ha preparati a sufficienza per poterlo tenere a distanza, con qualche attenzione in più e un nuovo modo di stare fuori casa e in compagnia.

Ma…riprenderemo le redini delle nostre vite.

Piano piano…RI…PARTIREMO!!!