Mi piacerebbe tornare all’idea di ospitalità “ti sto accogliendo a casa mia”, un po’ come l’idea originale dei creatori e fondatori di Airbnb, Joe e Brian studenti universitari a San Francisco che per arrotondare e potersi permettere di pagare l’affitto decisero di offrire dei posti letti in casa, mettendo qualche materasso a terra.
Da quella originale idea, era il lontano 2007, oggi Airbnb è una multinazionale quotata in Borsa e non solo: oggi insieme a Booking è il portale più utilizzato per l’ospitalità in tutto il mondo.
Negli anni l’host non è più il proprietario di casa che mette a disposizione la propria abitazione per i turisti e i viaggiatori che preferiscono una soluzione alternativa più autonoma e indipendente rispetto all’albergo e che scelgono di “sentirsi a casa” in qualsiasi altro paese diverso dal proprio. Oggi l’host è una vera e propria figura professionale, incentivata dai portali e molto spesso costretta da questi ultimi a offrire sempre più servizi a ospiti sempre più esigenti.
Così l’idea “ti sto ospitando a casa mia e troverai quello che ho descritto nell’annuncio” sembra una storia vecchia e superata dalla frenetica corsa a competere con i migliori alberghi a 5 stelle.
Totalmente “schiavi” delle recensioni, l’obiettivo sembra non essere più l’accoglienza casalinga e far sentire gli ospiti “a casa” per quei brevi giorni di ospitalità, no, adesso l’obiettivo è avere sempre il massimo punteggio nelle recensioni dei principali portali e ci si ingrossa il fegato quando non è un 10 ma un 8 o non un 5 ma un 4.
A causa della schiavitù degli hosts per le recensioni, negli ultimi anni si è sviluppata una nuova tipologia di “ospiti”: quelli che hanno capito e imparato che i portali preferiscono non perdere mai nuovi potenziali clienti e che gli hosts tutto sommato non avranno mai valide alternative ai portali principali e che quindi abbasseranno il capo nonostante il malcontento, nonostante commissioni in alcuni casi davvero salate. Sono “ospiti di pessima qualità” che hanno perfettamente capito che basta inviare al portale l’immagine di una formica dentro un (qualsiasi) lavandino o di una macchia su un (qualsiasi) lenzuolo per ottenere il rimborso del pernottamento e farsi così la vacanza gratuita. Geniale direi, ancora più dei materassi buttati a terra degli inventori di Airbnb.
E i “pessimi ospiti” sono anche quelli che minacciano e tengono sotto ricatto gli hosts “ti faccio una brutta recensione se non mi accogli prima dell’orario indicato per il check in o se non mi fai rimanere oltre l’orario del check out”….pessimi ospiti che hanno compreso il malsano meccanismo dei portali e delle recensioni. Pessimi ospiti che prenotano con finestra vista Colosseo ma si lamentano che c’è rumore. Pessimi ospiti che lasciano piatti e pentole sporche perché “hanno pagato la spesa della pulizia finale”. Pessimi ospiti che non rispettano la raccolta differenziata del luogo che li ospita.
Eppure quell’idea “ti sto ospitando a casa mia e sono lieta di accoglierti e di fare in modo che tu ti senta a casa” è stata la spinta che mi ha fatto cominciare questa bellissima avventura anni fa.
Non ho mai preso in considerazione il self check-in perché il momento dell’accoglienza è il momento più bello del mio lavoro: da sempre di indole socievole e curiosa, mi piace fare “la padrona di casa che accoglie i propri ospiti”, mi piace conoscere chi soggiornerà nella casa, mi piace dare ottimi suggerimenti per rendere la vacanza dei miei ospiti ancora più piacevole.
Mi sono semplicemente chiesta cosa piacerebbe a me ricevere se fossi io in una località sconosciuta e lontana da casa mia, magari anche molto turistica, e il resto è venuto da sé.
Non ho dovuto fare alcun corso o master per imparare cosa vuol dire “accoglienza” e per coglierne la vera essenza e nonostante sia un continuo divenire e imparare, ogni giorno, per migliorare, rimango e voglio rimanere fedele alla sua essenza.
Quei “pessimi ospiti” sono per fortuna una rarità e la mia accoglienza è fatta quasi sempre di meravigliosi ospiti che amo incontrare al loro arrivo e per i quali mi piace poter essere utile per qualsiasi cosa possano aver bisogno durante il loro soggiorno.
Con alcuni miei ospiti rimango in contatto e ne sono molto felice; così durante il periodo iniziale della pandemia sono stati tanti i messaggi scambiati con loro, da ogni parte del mondo, per sapere se andava tutto bene, per conoscere la situazione anche in paesi molto lontani, per sostenerci e confortarci. Alcuni miei ospiti, a volte anche loro hosts, mi invitano a ricambiare l’ospitalità offerta. Con alcuni miei ospiti è proseguito anche un bellissimo rapporto di conoscenza e di amicizia.
Eccola l’essenza dell’ospitalità secondo me: accogliere, incontrare, conoscere, aiutare e poter salutare con un sentito “arrivederci” alla fine di ogni soggiorno, perché anche se per brevi istanti è stato comunque un piacevole incontro e sarò sinceramente felice di incontrarli ancora.
“E potresti ripartire, certamente non volare, ma viaggiare…sì, viaggiare”
Possiamo finalmente ricominciare a programmare un weekend fuori porta o una vacanza, in totale sicurezza e con la flessibilità di cancellazioni senza penale anche fino al giorno prima della partenza. La maggior parte delle strutture ricettive, alberghiere ed extra-alberghiere, si sono infatti adeguate ai tempi un po’ incerti che stiamo vivendo, offrendo massima garanzia su sanificazione e igienizzazione e con termini di cancellazione che consentono di annullare la vacanza senza che vengano applicate penali.
Da fine aprile ci si potrà spostare tra le regioni: allora perché non vivere l’emozione di poter programmare, finalmente, una vacanza?
In questo lungo periodo di pandemia, la mia voglia di viaggiare ha ridimensionato i confini: i numerosi tours digitali che il web ha proposto, mi hanno fatto riscoprire la ricchezza e la bellezza del nostro paese, le nostre meravigliose architetture, i nostri incantevoli paesaggi, un’offerta gastronomica che può soddisfare il palato anche dei più esigenti!
Un’Italia da scoprire e da riscoprire.
Un’Italia che ha una gran voglia di ri-partire.
A differenza di altri paesi europei, la nostra Italia ha sofferto molto le chiusure, le restrizioni, i colori delle regioni: insufficienti i sostegni economici a tutte le attività, grandi e piccole, e una classe politica probabilmente non troppo efficiente di fronte ad una situazione così catastrofica e grave.
Ma la voglia di ri-partire non manca: c’è la voglia di riprendere a lavorare, a pieno ritmo, c’è la voglia di riassaporare la libertà e la spensieratezza anche di un semplice caffè al bar.
Già, piccole cose, ma è dalle piccole cose che, piano piano, forse, potremo tornare ad una sembianza di normalità.
Con senso di responsabilità, ci potremo riprendere la nostra vita, messa in una sorta di “standby” durato molto più di quanto potessimo mai immaginare.
Se i segnali di allentamento delle restrizioni non verranno mal interpretati come un “libera tutti” ma vissuti invece con intelligenza, potremo finalmente riprendere a viaggiare serenamente, assaporare il relax di un weekend fuori porta, non troppo lontano ma abbastanza distante dalle nostre pareti di casa, che ormai conosciamo a memoria e che cominciano a starci un po’ troppo strette.
Le offerte sono tantissime: basta solo scegliere che sia mare, montagna, campagna, città d’arte.
Chi, come me, ama moltissimo il proprio lavoro, non vede l’ora di poter accogliere e ospitare ancora, non vede l’ora di poter suggerire i migliori itinerari e le migliori offerte gastronomiche del luogo.
Una cosa è certa: saremo accolti a braccia aperte e da grandi sorrisi!
E allora sì…”potresti ripartire, certamente non volare, ma viaggiare…sì, viaggiare” (Lucio Battisti).
Possiamo non più volare con l’immaginazione di luoghi e paesaggi…ma viaggiare! Sì, viaggiare!
La Chiesa di Dio Padre Misericordioso a Tor Tre Teste.
Vincitore del Concorso Internazionale indetto dal Vicariato di Roma nel 1996, l’Architetto Richard Meier realizza la costruzione di una Chiesa nel quartiere periferico di Tor Tre Teste in occasione del Giubileo del 2000: la Chiesa di Dio Padre Misericordioso o anche detta la Chiesa del Giubileo.
ll progetto molto ambizioso di Meier si sviluppa attraverso gli elementi di spazio, forma, luce, in un disegno che rappresenta metaforicamente una “nave che ci condurrà verso il Terzo Millennio”.
Le tre imponenti vele, tre è il numero che rappresenta la Trinità, sono collegate tra loro da ampie vetrate attraverso le quali la luce naturale ed i suoi molteplici e variabili mutamenti filtrano all’interno, rendendo lo spazio in costante relazione con il cielo ed i suoi colori e donando dinamicità alle forme.
La scelta del colore bianco per l’intera struttura, colore preferito e predominante nei progetti di Meier, rende le forme leggere ed è “il colore più bello in assoluto, perché dentro di esso si possono vedere tutti i colori dell’ arcobaleno. Il biancore del bianco non è mai solo bianco; è sempre trasformato almeno dalla luce e da ciò che sta cambiando; il cielo, le nuvole, il sole e la luna. La luce è il mezzo che ci permette di percepire e vivere ciò che noi chiamiamo sacro. La luce è all’origine di questo edificio. E come una nave, dovrà condurre l’umanità attraverso il terzo millennio” (Richard Meier).
Un’architettura, come la definisce lo stesso architetto, che connette ciò che è tangibile con ciò che è intangibile.
All’interno la concavità delle vele sembra un guscio che si contrappone e quasi sostiene le vetrate verso il cielo.
Per l’edificazione delle vele sono stati realizzati, in collaborazione con l’Italcementi, 256 pannelli, detti “conci”, prefabbricati autoportanti e autopulenti, costituiti da un conglomerato speciale di polveri di marmo di Carrara e additivi di ossido di titanio.
La forma dell’altare rievoca anche all’interno l’immagine della “barca”: l’altare infatti si trova ad occidente proprio perchè nella simbologia cristiana il sole ha sempre indicato Gesù come “luce del mondo” e la posizione dell’altare ad oriente evidenzia così il luogo dove Gesù “sorge” attraverso la Celebrazione Eucaristica, così come ad oriente sorge il sole. La facciata della navata, che simboleggia la “prua della barca”, si trova ad oriente, mentre l’altare si trova a “poppa” dove in genere si trova il motore di una nave.
Andai a visitare la prima volta il cantiere a lavori già avviati e fui molto felice di seguirne le varie fasi, con l’Università di Architettura Roma Tre.
Molto spesso rimanevo incantata, ammirando dal basso verso l’alto, la maestosità delle vele che nelle sue crescenti fasi di costruzione, si elevavano verso il cielo.
Altre volte mi soffermavo per più tempo all’interno, apprezzandone la semplicità delle forme e nello stesso tempo ne avvertivo il senso di purezza e sacralità, suggerito dal biancore e da quel filo diretto con l’infinito, il cielo, che le immense vetrate invitano ad ammirare.
Non vedevo l’ora di vedere l’opera compiuta.
L’inaugurazione della Chiesa di Dio Padre Misericordioso avviene nel 2003, in presenza dell’Architetto Richard Meier che ha spiegato le sue scelte architettoniche e i suoi obiettivi.
Sebbene possa apparentemente sembrare un’opera in contrapposizione con l’immenso patrimonio architettonico e archeologico della città di Roma, rappresenta invece la continuità di dialogo tra antichità e contemporaneità, continuità di dialogo che l’Architetto Richard Meier riproporrà con il progetto per il Museo dell’Ara Pacis, inaugurato il 21 Aprile del 2006 in occasione del Natale di Roma.
Indirizzo: Largo Terzo millennio, 8
Zona: Quartiere Alessandrino (Roma est)
Telefono: +39 06 2315833
Fax: +39 06 2315833
Sito web: www.diopadremisericordioso.it
Email: corrubo@libero.it
Facebook:http://www.facebook.com/pages/Dio-Padre-Misericordioso/370140806375946
Twitter: http://twitter.com/ParrocchiaDpm
ORARIO:
Tutti giorni ore 7.30-12.30 / 16.00-19.30
Durante le celebrazioni non è consentito visitare la Chiesa.